La bufala commerciale delle energie innovative?
i pellets la legna il metano ed altro ancora
l presente elaborato assai corposo, partendo da alcune errate convinzioni collettive inculcate per ragioni di commercio o da misticismi nella speranza di ottenere miracoli, realizza un excursus sui principi elementari della combustione, sui fumi, sui combustibili più comuni, sulla opportunità del loro uso e sulla credibilità di taluni video circolanti; volendo poi essere molto semplice potrà contenere, a livello rigoroso, delle imprecisioni, na non falsità
Vedo circolare sul Web un cumulo di scempiaggini ed apparenze ingannevoli (senza alcuna giustificazione tecnica) su alcuni tipi di fornelli e/o caldaia da adottare e sul tipo di combustibile, nella convinzione di ottenere rendimenti e risparmi miracolosi, con pretese energie alternative o innovative.
Vengono proposte, di massima, soluzioni di piro-gassificazione casareccia, usando barattoli, fusti e recipienti di ogni genere in guisa di fornelli (a costo nullo) e asserendo che non emettono fumo e ponendoli quindi, nell'immaginario collettivo, in concorrenza con le moderne soluzioni tecniche di combustione (dispendiose).
Evidentemente codeste persone o sono in malafede o non hanno nemmeno il sospetto dei principi fisici (termodinamica) e chimici alla base del fenomeno della combustione e pertanto non sanno neanche di cosa stanno parlando.
A questa schiera appartengono coloro che si potrebbero denominare aspiranti apprendisti stregoni; esistono invece fonti, in chiara malafede che diventano poi fonti di pensiero collettivo, che diffondono, ben sapendolo, le mezze verità, foriere di informazioni semplicemente ingannevoli, fidando sull'ignoranza collettiva della materia trattata e sul sostegno del mercato che ha interesse di porle in vendita e di persuadere ad acquistarle.
Tutti costoro parlano di fonti alternative o innovative di energia, come se la combustione fosse un fenomeno che non affonda le origine nella notte dei tempi e le biomasse (propriamente legno e altre materie vegetali di scarto quali torsoli di pannocchia, gusci di nocciole, sansa, trucioli, segatura etc.) non siano sempre state usate come combustibile.
Cose assolutamente normali date per miracolo; l'invenzione dell'acqua calda, come miracolosa novità. In realtà, per il secondo principio della termodinamica, nulla si crea e nulla si distrugge, ma si trasforma e nella trasformazione la quantità di energia iniziale è uguale alla quantità di energia dopo la trasformazione (non ci può essere accrescimento).
Vedo circolare sul Web un cumulo di scempiaggini ed apparenze ingannevoli (senza alcuna giustificazione tecnica) su alcuni tipi di fornelli e/o caldaia da adottare e sul tipo di combustibile, nella convinzione di ottenere rendimenti e risparmi miracolosi, con pretese energie alternative o innovative.
Vengono proposte, di massima, soluzioni di piro-gassificazione casareccia, usando barattoli, fusti e recipienti di ogni genere in guisa di fornelli (a costo nullo) e asserendo che non emettono fumo e ponendoli quindi, nell'immaginario collettivo, in concorrenza con le moderne soluzioni tecniche di combustione (dispendiose).
Evidentemente codeste persone o sono in malafede o non hanno nemmeno il sospetto dei principi fisici (termodinamica) e chimici alla base del fenomeno della combustione e pertanto non sanno neanche di cosa stanno parlando.
A questa schiera appartengono coloro che si potrebbero denominare aspiranti apprendisti stregoni; esistono invece fonti, in chiara malafede che diventano poi fonti di pensiero collettivo, che diffondono, ben sapendolo, le mezze verità, foriere di informazioni semplicemente ingannevoli, fidando sull'ignoranza collettiva della materia trattata e sul sostegno del mercato che ha interesse di porle in vendita e di persuadere ad acquistarle.
Tutti costoro parlano di fonti alternative o innovative di energia, come se la combustione fosse un fenomeno che non affonda le origine nella notte dei tempi e le biomasse (propriamente legno e altre materie vegetali di scarto quali torsoli di pannocchia, gusci di nocciole, sansa, trucioli, segatura etc.) non siano sempre state usate come combustibile.
Cose assolutamente normali date per miracolo; l'invenzione dell'acqua calda, come miracolosa novità. In realtà, per il secondo principio della termodinamica, nulla si crea e nulla si distrugge, ma si trasforma e nella trasformazione la quantità di energia iniziale è uguale alla quantità di energia dopo la trasformazione (non ci può essere accrescimento).
La pretesa piro-gassificazione casareccia
Vi siete mai chiesti cosa si vede nei filmati del fai da te? Si vede raccontare una favola da un aspirante apprendista stregone che, con una brancata (l'esatto peso non viene mai detto) di pellets o pezzetti di legno, fa bollire in qualche minuto (qualche volta viene detto il tempo, che non conta niente) una certa quantità di acqua (l'esatta quantità e la temperatura iniziale non vengono mai dette, la pressione ambiente non viene mai detta), punto e basta… e dopo la favola l'illusionista s'inchina come per dire: "Avete visto??", segue stupore generale, gaudio, esultanza!
Se io volessi stupire una platea sprovveduta, essendo più informato di questi incompetenti aspiranti apprendisti stregoni, sarei anche molto più furbo: costruirei un fornello (il più fantasioso e strano); con una bilancia vi mostrerei di pesare 19 grammi di pellets; misurerei davanti ai vostri occhi un litro di acqua; vi mostrerei la pressione ambiente con un barometro e, con un termometro, la temperatura iniziale del litro d'acqua, infine lo porterei ad ebollizione e vi direi: "Ammirate, senza trucco e senza inganno, il miracolo dell'energia innovativa, solo 19 grammi di pellets sono sufficienti a questo fornello per far bollire ben un litro di acqua". In realtà la cosa sarebbe stata semplicemente normale, ma ve la mostrerei come un miracolo e voi ne restereste persuasi!.
Queste sono le favole per adulti che, credendosi smaliziati, hanno abolito la narrazione della favola della Befana ai figli.
Ma se ora, dopo la favola per adulti, per confrontare in maniera critica con la realtà quanto si è visto nel filmato, chiedessi se sapreste indicare approssimativamente la quantità di legna o pellets necessari per far bollire un litro di acqua, sapreste rispondere o almeno correggere adeguatamente la mia domanda???
Se siete capaci di correggere almeno la mia domanda vuol dire che, fortunatamente, non avete creduto alla favola per adulti, anche se, forse a suo tempo, avete creduto alla Befana.
Per gli altri ora dico io, che non mi vergogno di aver creduto alla Befana.
La domanda sarebbe dovuto essere del seguente tenore (… spiritosi !!… non canta): "Qual è la quantità di pellets (in peso) necessaria per portare il peso di un litro d'acqua (pesato alla temperatura di 4°C) dalla temperatura iniziale di tot °C all'ebollizione , alla pressione di tot atmosfere (meglio Bar, senza caffè o cappuccini) ?".
Non ho specificato la temperatura di ebollizione, né la pressione poiché solo alla pressione di 1 atm (1 Bar) la temperatura di ebollizione dell'acqua è di 100°C.
Potete constatare quante ipotesi (come nel filmato) ho sottaciute nella mia domanda iniziale, non rigorosa, tanto che si potrebbe anch'essa definire favola… com'è facile raccontare favole per adulti.
Naturalmente nel prosieguo sarò più semplice: riterrò peso e volume equivalenti e non terrò conto di altro se non della temperatura iniziale di 20°C, intanto l'errore non è significativo in questo caso.
Bene, purchè non vi siano perdite di calore, sappiate che, per portare da 20°C all'ebollizione (100°C) un litro di acqua, alla pressione di 1 atm, necessitano 80Kcal, ossia 68,87 W (0,06887KW); il tempo è arbitrario, dipende dalla velocità di combustione, cioè i 68,87 W si possono somministrare in un minuto o in un'ora o in un giorno, purchè il calore sia trasferito soltanto all'acqua e non vi siano assolutamente perdite diverse di calore.
La quantità teorica (rendimento 100%) di pellets capace di fornire 68,87 W (nel caso di pellets da 4,2KW/Kg) è di 16,39g (sedici virgola trentanove grammi), per la legna è un 20-25% in di più. Siete sorpresi della piccola quantità?? Capite ora come sia facile stupire gli incompetenti con uno o due barattoli forati, un po' di legna ed un po' d'acqua???
Il Ragionamento:
16,39g producono 68,87 W; 16,39g, in un Kg, sono contenuti 61 volte, quindi 68,87W x 61 forniscono le calorie totali di 1 Kg di pellets.
Infatti se moltiplichiamo 68,87 W per [1000g (1Kg) diviso 16,39g], otteniamo:
(1000g : 16,39g ) x 68,87W = 4201 W
ossia i 4,2 KW di un chilo di pellets (4,2KW/Kg), che possono diventare 4,2KWh/Kg (4,2 chilowatt-ora diviso Kg) se si fa bruciare 1Kg in un'ora; 4,2KWsec/Kg se si fa bruciare 1Kg in un secondo; 4,2KWgiorno/Kg, se si fa bruciare 1Kg in un giorno, dipende appunto in quanto tempo si fa compiere il lavoro, purchè non vi siano assolutamente perdite di calore, cioè la somministrazione sia adiabatica. In buona sostanza con un Kg di tali pellets si possono portare 61 litri di acqua da 20°c a 100°C, pertanto se con un Kg dei vostri pellets sarete in grado di portare, a pressione di 1 atm, 61 litri d'acqua (temperatura iniziale 20°) fino a 100°C, sarete certi di aver acquistato pellets da 4,2KWh/Kg. Altrimenti acquistate un calorimetro o fidatevi delle specifiche del prodotto.
Se io volessi stupire una platea sprovveduta, essendo più informato di questi incompetenti aspiranti apprendisti stregoni, sarei anche molto più furbo: costruirei un fornello (il più fantasioso e strano); con una bilancia vi mostrerei di pesare 19 grammi di pellets; misurerei davanti ai vostri occhi un litro di acqua; vi mostrerei la pressione ambiente con un barometro e, con un termometro, la temperatura iniziale del litro d'acqua, infine lo porterei ad ebollizione e vi direi: "Ammirate, senza trucco e senza inganno, il miracolo dell'energia innovativa, solo 19 grammi di pellets sono sufficienti a questo fornello per far bollire ben un litro di acqua". In realtà la cosa sarebbe stata semplicemente normale, ma ve la mostrerei come un miracolo e voi ne restereste persuasi!.
Queste sono le favole per adulti che, credendosi smaliziati, hanno abolito la narrazione della favola della Befana ai figli.
Ma se ora, dopo la favola per adulti, per confrontare in maniera critica con la realtà quanto si è visto nel filmato, chiedessi se sapreste indicare approssimativamente la quantità di legna o pellets necessari per far bollire un litro di acqua, sapreste rispondere o almeno correggere adeguatamente la mia domanda???
Se siete capaci di correggere almeno la mia domanda vuol dire che, fortunatamente, non avete creduto alla favola per adulti, anche se, forse a suo tempo, avete creduto alla Befana.
Per gli altri ora dico io, che non mi vergogno di aver creduto alla Befana.
La domanda sarebbe dovuto essere del seguente tenore (… spiritosi !!… non canta): "Qual è la quantità di pellets (in peso) necessaria per portare il peso di un litro d'acqua (pesato alla temperatura di 4°C) dalla temperatura iniziale di tot °C all'ebollizione , alla pressione di tot atmosfere (meglio Bar, senza caffè o cappuccini) ?".
Non ho specificato la temperatura di ebollizione, né la pressione poiché solo alla pressione di 1 atm (1 Bar) la temperatura di ebollizione dell'acqua è di 100°C.
Potete constatare quante ipotesi (come nel filmato) ho sottaciute nella mia domanda iniziale, non rigorosa, tanto che si potrebbe anch'essa definire favola… com'è facile raccontare favole per adulti.
Naturalmente nel prosieguo sarò più semplice: riterrò peso e volume equivalenti e non terrò conto di altro se non della temperatura iniziale di 20°C, intanto l'errore non è significativo in questo caso.
Bene, purchè non vi siano perdite di calore, sappiate che, per portare da 20°C all'ebollizione (100°C) un litro di acqua, alla pressione di 1 atm, necessitano 80Kcal, ossia 68,87 W (0,06887KW); il tempo è arbitrario, dipende dalla velocità di combustione, cioè i 68,87 W si possono somministrare in un minuto o in un'ora o in un giorno, purchè il calore sia trasferito soltanto all'acqua e non vi siano assolutamente perdite diverse di calore.
La quantità teorica (rendimento 100%) di pellets capace di fornire 68,87 W (nel caso di pellets da 4,2KW/Kg) è di 16,39g (sedici virgola trentanove grammi), per la legna è un 20-25% in di più. Siete sorpresi della piccola quantità?? Capite ora come sia facile stupire gli incompetenti con uno o due barattoli forati, un po' di legna ed un po' d'acqua???
Il Ragionamento:
16,39g producono 68,87 W; 16,39g, in un Kg, sono contenuti 61 volte, quindi 68,87W x 61 forniscono le calorie totali di 1 Kg di pellets.
Infatti se moltiplichiamo 68,87 W per [1000g (1Kg) diviso 16,39g], otteniamo:
(1000g : 16,39g ) x 68,87W = 4201 W
ossia i 4,2 KW di un chilo di pellets (4,2KW/Kg), che possono diventare 4,2KWh/Kg (4,2 chilowatt-ora diviso Kg) se si fa bruciare 1Kg in un'ora; 4,2KWsec/Kg se si fa bruciare 1Kg in un secondo; 4,2KWgiorno/Kg, se si fa bruciare 1Kg in un giorno, dipende appunto in quanto tempo si fa compiere il lavoro, purchè non vi siano assolutamente perdite di calore, cioè la somministrazione sia adiabatica. In buona sostanza con un Kg di tali pellets si possono portare 61 litri di acqua da 20°c a 100°C, pertanto se con un Kg dei vostri pellets sarete in grado di portare, a pressione di 1 atm, 61 litri d'acqua (temperatura iniziale 20°) fino a 100°C, sarete certi di aver acquistato pellets da 4,2KWh/Kg. Altrimenti acquistate un calorimetro o fidatevi delle specifiche del prodotto.
Un esempio della cosiddetta energia innovativa
Al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=sc4yDd2dH5U
viene presentato un sistema adatto ad una villetta (non si dice nulla delle caratteristiche) per trasformare, per il tramite di elettrolizzatore, l'energia elettrica prodotta da pannelli solari (di cui non si dice nulla sulla reale metratura necessaria) in idrogeno, il quale viene immagazzinato durante gli eccessi di energia elettrica estiva (non si dice se in forma gassosa o liquida né si indicano le dimensione del serbatoio), per essere, in parte, utilizzato come gas per i fornelli e, in parte, ritrasformato in energia elettrica con una cella a combustibile. L'alimentazione dell'acqua necessaria avviene con una vasca depuratrice delle acque reflue (acque bianche e nere) dell'abitazione; su questa vasca vengono fatte vegetare delle piante (nel filmato viene presentata come una bacinella).
Commento:
qual è il falso messaggio indotto nell'immaginario collettivo? Che nello spazio di una cantina e con un piccolo pannello solare ed un catino di plastica si risolve totalmente il problema energetico di una villetta (chissà perché proprio villetta, abitazione forse è volgare).
1) è ingannevole presentare l'impianto mostrando un pannello solare delle dimensioni stimabili di 2m x 1m, senza poi specificare che nella realtà ne serviranno molti, ma molti di più.
2) la prima perdita di energia è nella trasformazione dell'energia solare in elettricità;
3) non si dice che nel processo di elettrolisi l'energia impiegata per scindere l'acqua è maggiore di quella ricavata in idrogeno. Seconda grossa perdita di trasformazione!
4) L'idrogeno per essere immagazzinato deve essere liquefatto o compresso (ma non se ne parla):
per essere liquefatto deve essere portato alla temperatura di -253°C, a pressione di 1 atm (1 BAR) e stoccato in particolari serbatoi estremamente robusti a doppia camera, entro i quali la pressione, a temperatura ordinaria esterna, è di circa 200 atm. Per liquefarlo è necessario un impiego di energia che è il 30% di quella poi ricavata dal gas stesso.
Nel caso di idrogeno semplicemente compresso, l'impiego di energia è il 7% di quella sfruttabile.
Terza perdita di energia!
E' importante sapere che un litro di idrogeno a pressione ambiente fornisce un millesimo dell'energia fornita da 1 litro di benzina (che fornisce circa 10Kcal).
Allora 1000 litri di idrogeno alla pressione ordinaria producono l'energia di un litro di benzina.
vedi: http://www.eniscuola.net/argomento/idrogeno/accumulo-e-trasporto/laccumulo-di-idrogeno-liquido/
http://leganerd.com/2013/05/08/i-problemi-dellutilizzo-dellidrogeno/
Lascio a voi immaginare il volume del serbatoio di accumulo! Perché nel filmato non viene detto.
5) Se l'abitazione è fornita da fognatura pubblica, dove prendiamo l'acqua reflua depurata? La legge non ci consente un ulteriore impianto per il trattamento dei liquami, né il recupero delle acque bianche.
Se invece l'abitazione possiede già un pozzo biologico con vasca di decantazione, deve essere a norma e la legge sulla depurazione delle acque reflue (con piante sopra) impone dimensioni di parecchi metri cubi alle vasche di decantazione e per di più in quelle vasche devono affluire acque che sono il prodotto di fosse biologiche (fosse imhoff a norma) che decompongono, in prima istanza, i prodotti delle acque nere. Il costo, senza contare lo spazio necessario, si aggira attorno ai 10000Euro (completo di progetto tecnico del geometra e del geologo che stabilisce le dimensioni). Ma questo non viene assolutamente detto, anzi vengono mostrate le ridicole dimensioni di una comune bacinella, con l'abbellimento di pianticelle nei vasi.
6) Usare l'idrogeno nei fornelli da cucina sarebbe la cosa più pericolosa di questo mondo.
7)Alla fine si ritrasforma l'idrogeno immagazzinato in energia elettrica, con una cella a combustione idrogeno e ossigeno. Quarta perdita di trasformazione.
Non si dice, nel caso di celle a combustibile idrogeno ossigeno (Fuel cell), quanto segue: "anche nelle macchine termiche più efficienti, quali le turbine a gas combinate con turbine a vapore, a causa dei limiti dei materiali di costruzione, raramente il rendimento può sfiorare il 60%, e questo può avvenire solo su impianti a ciclo combinato di ultima generazione. Nei motori alternativi a combustione interna delle più moderne automobili, l'efficienza è spesso al di sotto del 30%" (il rendimento della locomotiva a vapore). Tale cella è stata Inventate nel 1839.
Vedi all'indirizzo: https://it.wikipedia.org/wiki/Pila_a_combustibile
8) I costi. Ora cito testualmente: "nel breve periodo noi vogliamo far sì che una casa con queste dotazioni energetiche possa essere realizzata con un 30% in più di sovra-costo, quindi crediamo possibile l'autosufficienza energetica totale con una spesa che non vada a sconvolgere completamente il costo della struttura ". Come al solito un giro di parole alla Teo Teocoli che non dice nulla.
Cosa significa "nel breve periodo vogliamo far sì …. possa essere realizzata con un 30% in più di sovra-costo, quindi crediamo possibile…". L'analisi del periodo: poiché nel breve periodo essi vogliono far sì che i costi siano un 30% in più di sovra-costo (rispetto a cosa?), allora credono possibile (possibile e non certa) la totale autosufficienza energetica (che logica!! Cosa vuol dire?).
Come al solito, in sostanza, nulla si è detto esplicitamente: né rispetto a cosa, né cosa sostituirebbe; si dice in maniera sibillina solo che non sconvolgerebbe completamente il costo della struttura (cosa significa? Quale struttura ?Cosa vuol dire sconvolgere totalmente la struttura? la struttura architettonica della casa??).
Un tale impianto, in ultima analisi è di fornitura di energia, di acqua calda e di idrogeno. Può alimentare i radiatori per il riscaldamento? Che tipo di fornelli si devono usare per il funzionamento a idrogeno? Di che fornitura in KWh è capace?
Ma tutto finisce in "gloria" e viene giustificato dalla vista in primo piano di un fornelletto da campeggio sul quale è scritto "idrogeno", ma per quel che ne sappiamo potrebbe anche contenere aria fritta.
9) L'impianto si ammortizza in 15 anni, la durata è dichiarata di 30 anni (quanto dura la garanzia? due anni trenta anni?). I dubbi inoltre sono se l'impianto sia omologato e quindi a norma di legge; l'ammortamento in 15 anni è antieconomico poiché gli ammortamenti convenienti sono stimati nei 10 anni; la durata di 30 anni in un macchinario così complesso, senza interventi tecnici e costi aggiuntivi, mi sembra proprio una favola;
10) Ma se nei primi 15 anni ci costasse il doppio dell'impianto precedente e nei secondi 15 anni non ci costasse più nulla, significherebbe che il costo finale (in 30 anni) è lo stesso per entrambi gli impianti, prima dei 30 anni è in perdita.
Insomma un giro vizioso con enormi perdite di energia, quando basterebbe immagazzinare l'energia elettrica, proveniente dai pannelli solari, direttamente in batterie (UCAS: Ufficio Complicazione Affari Semplici).
In realtà, a mio giudizio, sembrerebbe trattarsi di una forma di persuazione occulta e di diffusione nell'immaginario collettivo tese a incoraggiare, senza alcuna giustificazione tecnica valida, una spesa non indiffererente con il miraggio ingannevole del risparmio.
Ribadisco, è meglio allora credere alla Befana, piuttosto che a queste favole per adulti, perché la favola della Befana dura fino ai 6-7 anni di età, queste favole durano nell'opinione collettiva fino alla morte.
https://www.youtube.com/watch?v=sc4yDd2dH5U
viene presentato un sistema adatto ad una villetta (non si dice nulla delle caratteristiche) per trasformare, per il tramite di elettrolizzatore, l'energia elettrica prodotta da pannelli solari (di cui non si dice nulla sulla reale metratura necessaria) in idrogeno, il quale viene immagazzinato durante gli eccessi di energia elettrica estiva (non si dice se in forma gassosa o liquida né si indicano le dimensione del serbatoio), per essere, in parte, utilizzato come gas per i fornelli e, in parte, ritrasformato in energia elettrica con una cella a combustibile. L'alimentazione dell'acqua necessaria avviene con una vasca depuratrice delle acque reflue (acque bianche e nere) dell'abitazione; su questa vasca vengono fatte vegetare delle piante (nel filmato viene presentata come una bacinella).
Commento:
qual è il falso messaggio indotto nell'immaginario collettivo? Che nello spazio di una cantina e con un piccolo pannello solare ed un catino di plastica si risolve totalmente il problema energetico di una villetta (chissà perché proprio villetta, abitazione forse è volgare).
1) è ingannevole presentare l'impianto mostrando un pannello solare delle dimensioni stimabili di 2m x 1m, senza poi specificare che nella realtà ne serviranno molti, ma molti di più.
2) la prima perdita di energia è nella trasformazione dell'energia solare in elettricità;
3) non si dice che nel processo di elettrolisi l'energia impiegata per scindere l'acqua è maggiore di quella ricavata in idrogeno. Seconda grossa perdita di trasformazione!
4) L'idrogeno per essere immagazzinato deve essere liquefatto o compresso (ma non se ne parla):
per essere liquefatto deve essere portato alla temperatura di -253°C, a pressione di 1 atm (1 BAR) e stoccato in particolari serbatoi estremamente robusti a doppia camera, entro i quali la pressione, a temperatura ordinaria esterna, è di circa 200 atm. Per liquefarlo è necessario un impiego di energia che è il 30% di quella poi ricavata dal gas stesso.
Nel caso di idrogeno semplicemente compresso, l'impiego di energia è il 7% di quella sfruttabile.
Terza perdita di energia!
E' importante sapere che un litro di idrogeno a pressione ambiente fornisce un millesimo dell'energia fornita da 1 litro di benzina (che fornisce circa 10Kcal).
Allora 1000 litri di idrogeno alla pressione ordinaria producono l'energia di un litro di benzina.
vedi: http://www.eniscuola.net/argomento/idrogeno/accumulo-e-trasporto/laccumulo-di-idrogeno-liquido/
http://leganerd.com/2013/05/08/i-problemi-dellutilizzo-dellidrogeno/
Lascio a voi immaginare il volume del serbatoio di accumulo! Perché nel filmato non viene detto.
5) Se l'abitazione è fornita da fognatura pubblica, dove prendiamo l'acqua reflua depurata? La legge non ci consente un ulteriore impianto per il trattamento dei liquami, né il recupero delle acque bianche.
Se invece l'abitazione possiede già un pozzo biologico con vasca di decantazione, deve essere a norma e la legge sulla depurazione delle acque reflue (con piante sopra) impone dimensioni di parecchi metri cubi alle vasche di decantazione e per di più in quelle vasche devono affluire acque che sono il prodotto di fosse biologiche (fosse imhoff a norma) che decompongono, in prima istanza, i prodotti delle acque nere. Il costo, senza contare lo spazio necessario, si aggira attorno ai 10000Euro (completo di progetto tecnico del geometra e del geologo che stabilisce le dimensioni). Ma questo non viene assolutamente detto, anzi vengono mostrate le ridicole dimensioni di una comune bacinella, con l'abbellimento di pianticelle nei vasi.
6) Usare l'idrogeno nei fornelli da cucina sarebbe la cosa più pericolosa di questo mondo.
7)Alla fine si ritrasforma l'idrogeno immagazzinato in energia elettrica, con una cella a combustione idrogeno e ossigeno. Quarta perdita di trasformazione.
Non si dice, nel caso di celle a combustibile idrogeno ossigeno (Fuel cell), quanto segue: "anche nelle macchine termiche più efficienti, quali le turbine a gas combinate con turbine a vapore, a causa dei limiti dei materiali di costruzione, raramente il rendimento può sfiorare il 60%, e questo può avvenire solo su impianti a ciclo combinato di ultima generazione. Nei motori alternativi a combustione interna delle più moderne automobili, l'efficienza è spesso al di sotto del 30%" (il rendimento della locomotiva a vapore). Tale cella è stata Inventate nel 1839.
Vedi all'indirizzo: https://it.wikipedia.org/wiki/Pila_a_combustibile
8) I costi. Ora cito testualmente: "nel breve periodo noi vogliamo far sì che una casa con queste dotazioni energetiche possa essere realizzata con un 30% in più di sovra-costo, quindi crediamo possibile l'autosufficienza energetica totale con una spesa che non vada a sconvolgere completamente il costo della struttura ". Come al solito un giro di parole alla Teo Teocoli che non dice nulla.
Cosa significa "nel breve periodo vogliamo far sì …. possa essere realizzata con un 30% in più di sovra-costo, quindi crediamo possibile…". L'analisi del periodo: poiché nel breve periodo essi vogliono far sì che i costi siano un 30% in più di sovra-costo (rispetto a cosa?), allora credono possibile (possibile e non certa) la totale autosufficienza energetica (che logica!! Cosa vuol dire?).
Come al solito, in sostanza, nulla si è detto esplicitamente: né rispetto a cosa, né cosa sostituirebbe; si dice in maniera sibillina solo che non sconvolgerebbe completamente il costo della struttura (cosa significa? Quale struttura ?Cosa vuol dire sconvolgere totalmente la struttura? la struttura architettonica della casa??).
Un tale impianto, in ultima analisi è di fornitura di energia, di acqua calda e di idrogeno. Può alimentare i radiatori per il riscaldamento? Che tipo di fornelli si devono usare per il funzionamento a idrogeno? Di che fornitura in KWh è capace?
Ma tutto finisce in "gloria" e viene giustificato dalla vista in primo piano di un fornelletto da campeggio sul quale è scritto "idrogeno", ma per quel che ne sappiamo potrebbe anche contenere aria fritta.
9) L'impianto si ammortizza in 15 anni, la durata è dichiarata di 30 anni (quanto dura la garanzia? due anni trenta anni?). I dubbi inoltre sono se l'impianto sia omologato e quindi a norma di legge; l'ammortamento in 15 anni è antieconomico poiché gli ammortamenti convenienti sono stimati nei 10 anni; la durata di 30 anni in un macchinario così complesso, senza interventi tecnici e costi aggiuntivi, mi sembra proprio una favola;
10) Ma se nei primi 15 anni ci costasse il doppio dell'impianto precedente e nei secondi 15 anni non ci costasse più nulla, significherebbe che il costo finale (in 30 anni) è lo stesso per entrambi gli impianti, prima dei 30 anni è in perdita.
Insomma un giro vizioso con enormi perdite di energia, quando basterebbe immagazzinare l'energia elettrica, proveniente dai pannelli solari, direttamente in batterie (UCAS: Ufficio Complicazione Affari Semplici).
In realtà, a mio giudizio, sembrerebbe trattarsi di una forma di persuazione occulta e di diffusione nell'immaginario collettivo tese a incoraggiare, senza alcuna giustificazione tecnica valida, una spesa non indiffererente con il miraggio ingannevole del risparmio.
Ribadisco, è meglio allora credere alla Befana, piuttosto che a queste favole per adulti, perché la favola della Befana dura fino ai 6-7 anni di età, queste favole durano nell'opinione collettiva fino alla morte.
Pirolisi e gassificazione
E' poi semplicemente folle pretendere di produrre, in maniera continua, la gassificazione di potature sminuzzate di alberi o altri vegetali in maniera casalinga; può solo essere un simpatico passatempo (dispendioso in attrezzatura) quando si hanno vasti spazi coperti e grossi appezzamenti di terreno con abbondanti potature, falciature d'erba e grande accumulo di materiale vegetale.
Si tratta prevalentemente di gas metano (GNL) che resta comunque difficilissimo accumulare in serbatoi per un uso dilazionato nel tempo, ma l'accumulo è necessario perché (come l'energia generata da fonte solare): tanto più ce n'è disponibile, quanto meno ce n'è bisogno.
Ad esempio il metano (GNL, uno dei prodotti del Syngas) generato da questi procedimenti su vegetali, non può essere accumulato liquido per più di 6 kg in bombola da 40 litri ed ha bisogno, per la liquefazione, di 200 atmosfere di pressione a temperatura ordinaria o -162 °C di temperatura a pressione ordinaria; la riduzione in volume è di 600 volte. Chi può mai farlo in maniera casareccia?
Io so di una persona che accumulava il GNL da lui prodotto in decine di camere d'aria di pneumatici da tir, ma non oltre le 2 atm di pressione (meno di 1m³ a camera d'aria) e con rischi, a dir poco, enormi.
Accumularlo in bomboloni da 5000 litri (esistono da 500 a 5000 litri) a 10 atm significa accumularne al massimo 50m³ a serbatoio, una piccolezza, senza contare il costo del serbatoio e soprattutto che nessuna legge lo permetterebbe. Guardate, al seguente indirizzo, le dimensioni e il rumore di un impianto che viene dichiarato di gassificazione da 20KW, che potrebbe servire un solo un appartamento: 3KWh di energia elettrica + 10-15Kwh di riscaldamento, acqua calda, fornelli. La dimostrazione consiste nell'uso di un trapano da 500-800W.
https://www.youtube.com/watch?v=VNb7fngannc
Se il GNL non viene accumulato, non resta che produrlo progressivamente, triturando in continuazione la materia vegetale e convogliandola nel gassificatore. Come si vede in qualche video (della durata di una ventina di minuti), si tratta del lavoro ininterrotto di almeno una persona. Ecco un'altra favola per adulti!
A confronto invece il GPL (butano, propano, pentano derivati del petrolio) è accumulabile in quantità di 20 litri in bombole da 40 litri e necessita di 2 atm per la liquefazione a temperatura ordinaria.
Al seguente indirizzo
https://www.youtube.com/watch?v=KwWwGRZ8EwU
viene mostrato in impianto di produzione di gas con processo pirolitico del quale si dichira, come dogma, il 90-95% di resa, il residuo è carbonella, mentre il risultato è una fiammella.
Questo signore vuole farci credere di trasformare, con processo pirolitico, la legna in gas (Syngas) con un guadagno in energia (la trasformazione ha sempre delle perdite) e con un notevole residuo ancora combustibile di cui non si sono sfruttate le calorie, eppure, secondo lui, c'è stata la moltiplicazione del pane e dei pesci!
Conoscete la carbonaie con le quali, per processo molti vicino alla pirolisi, si produceva artigianalmente il carbone di legna? In antico venivano realizzate entro una buca nel terreno, riempita con legna fino a realizzare una piramide accatasta che si elevava sul terreno. Questa piramide veniva coperta con terra lasciando in cima un cratere. Da questo cratere veniva dato fuoco alla legna. La combustione avveniva dall'alto verso il basso senza fiamma ed in assenza quasi totale di ossigeno (Il processo pirolittico avviene in assanza totale di ossigeno: anossico). A combustione completata, si toglieva la terra e si aveva il carbone di legna da ardere, che per questo signore invece è scarto. Se questo fosse vero, significherebbe avere aumentato, quasi al doppio, l'energia prelevabile dalla legna e senza avere sfruttato il carbone residuo e l'energia persa dalla combustione anossica della legna.
Questi procedimenti (ancora allo studio per il trattamento dei rifiuti urbani e dell'agricoltura o per ricavare gas dal legno) possono essere sfruttati e utilizzati, con macchinari complessi, dall'industria che ne ricava un buon rendimento 60% (non ottimo), ma non certamente da dilettanti allo sbaraglio. Vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Pirolisi
Morale: la pirolisi non è paragonabile alla tradizionale combustione.
Si tratta prevalentemente di gas metano (GNL) che resta comunque difficilissimo accumulare in serbatoi per un uso dilazionato nel tempo, ma l'accumulo è necessario perché (come l'energia generata da fonte solare): tanto più ce n'è disponibile, quanto meno ce n'è bisogno.
Ad esempio il metano (GNL, uno dei prodotti del Syngas) generato da questi procedimenti su vegetali, non può essere accumulato liquido per più di 6 kg in bombola da 40 litri ed ha bisogno, per la liquefazione, di 200 atmosfere di pressione a temperatura ordinaria o -162 °C di temperatura a pressione ordinaria; la riduzione in volume è di 600 volte. Chi può mai farlo in maniera casareccia?
Io so di una persona che accumulava il GNL da lui prodotto in decine di camere d'aria di pneumatici da tir, ma non oltre le 2 atm di pressione (meno di 1m³ a camera d'aria) e con rischi, a dir poco, enormi.
Accumularlo in bomboloni da 5000 litri (esistono da 500 a 5000 litri) a 10 atm significa accumularne al massimo 50m³ a serbatoio, una piccolezza, senza contare il costo del serbatoio e soprattutto che nessuna legge lo permetterebbe. Guardate, al seguente indirizzo, le dimensioni e il rumore di un impianto che viene dichiarato di gassificazione da 20KW, che potrebbe servire un solo un appartamento: 3KWh di energia elettrica + 10-15Kwh di riscaldamento, acqua calda, fornelli. La dimostrazione consiste nell'uso di un trapano da 500-800W.
https://www.youtube.com/watch?v=VNb7fngannc
Se il GNL non viene accumulato, non resta che produrlo progressivamente, triturando in continuazione la materia vegetale e convogliandola nel gassificatore. Come si vede in qualche video (della durata di una ventina di minuti), si tratta del lavoro ininterrotto di almeno una persona. Ecco un'altra favola per adulti!
A confronto invece il GPL (butano, propano, pentano derivati del petrolio) è accumulabile in quantità di 20 litri in bombole da 40 litri e necessita di 2 atm per la liquefazione a temperatura ordinaria.
Al seguente indirizzo
https://www.youtube.com/watch?v=KwWwGRZ8EwU
viene mostrato in impianto di produzione di gas con processo pirolitico del quale si dichira, come dogma, il 90-95% di resa, il residuo è carbonella, mentre il risultato è una fiammella.
Questo signore vuole farci credere di trasformare, con processo pirolitico, la legna in gas (Syngas) con un guadagno in energia (la trasformazione ha sempre delle perdite) e con un notevole residuo ancora combustibile di cui non si sono sfruttate le calorie, eppure, secondo lui, c'è stata la moltiplicazione del pane e dei pesci!
Conoscete la carbonaie con le quali, per processo molti vicino alla pirolisi, si produceva artigianalmente il carbone di legna? In antico venivano realizzate entro una buca nel terreno, riempita con legna fino a realizzare una piramide accatasta che si elevava sul terreno. Questa piramide veniva coperta con terra lasciando in cima un cratere. Da questo cratere veniva dato fuoco alla legna. La combustione avveniva dall'alto verso il basso senza fiamma ed in assenza quasi totale di ossigeno (Il processo pirolittico avviene in assanza totale di ossigeno: anossico). A combustione completata, si toglieva la terra e si aveva il carbone di legna da ardere, che per questo signore invece è scarto. Se questo fosse vero, significherebbe avere aumentato, quasi al doppio, l'energia prelevabile dalla legna e senza avere sfruttato il carbone residuo e l'energia persa dalla combustione anossica della legna.
Questi procedimenti (ancora allo studio per il trattamento dei rifiuti urbani e dell'agricoltura o per ricavare gas dal legno) possono essere sfruttati e utilizzati, con macchinari complessi, dall'industria che ne ricava un buon rendimento 60% (non ottimo), ma non certamente da dilettanti allo sbaraglio. Vedi:
https://it.wikipedia.org/wiki/Pirolisi
Morale: la pirolisi non è paragonabile alla tradizionale combustione.
Partiamo ora dalla fine del fenomeno combustione, dai fumi
Non esiste combustione, ossia ossidazione violenta, che si trasformi totalmente, senza produzione di calore, di fumi (contenenti CO2) e di vapore acqueo.
E' falsa, quindi, l'asserzione che nel processo di pirolisi o meglio piro-gassificazione non si produca fumo; questo avviene perché quel fior fiore di somari prendono il termine "fumo" alla lettera (secondo l'uso comune volgare che se ne fa) ossia il fumo è quello che si vede (il nerofuno che si deposita anche) e di cui se ne sente l'odore.
Quando i fumi sono visibili, accade perché nella CO2 (incolore e inodore) sono presenti in sospensione apprezzabili quantità di particelle incombuste di combustibile .
In realtà i fumi, in una combustione completa (ossia ad alto rendimento), sono incolori e inodori perché sono composti da anidride carbonica (CO2, biossido di carbonio) e vapor d'acqua; mentre il CO (monossido di carbonio, velenosissimo e incolore e inodore, spesso confuso da questi sedicenti scienziati con la CO2) si produce solo in presenza di scarsissima ossigenazione della combustione.
Facciano attenzione quei signori che pretendono di fare esperimenti con bruciatori (i più fantasiosi e talvolta assurdi) senza una adeguata evacuazione dei fumi (che non sono visibili né percepibili dall'olfatto); essi rischiano di saturare l'ambiente, se è chiuso e senza ricambio adeguato d'aria, di anidride carbonica (CO2)!!
E' la vecchia pratica del contadino che durante la fermentazione del vino entrava in cantina con la famosa candela accesa: se la candela si spegnava significava che l'ambiente era saturo di CO2 e quindi impraticabile, se la candela rimaneva accesa la fermentazione era completata ed il locale non presentava pericoli di intossicazione.
Per fortuna la stupidità farneticante di certi fai da te, per necessità, si limita a fonti di calore paragonabili ad un fornello o a un piccolo forno a gas, cui è sufficiente un ambiente modestamente ventilato.
Gli effetti del CO o del CO2, su di un organismo umano sono assai differenti:
il CO si lega stabilmente con l'emoglobina del sangue procurando carbo-ossi-emolobina, legame chimico non più scindibile (avvelenamento irreversibile); il CO2 procura un legame labile con l'emoglobina del sangue che può essere eliminato (con una adeguata ventilazione dei polmoni) per scissione spontanea (intossicazione reversibile).
Morale: non basta produrre una combustione priva di CO ed apparentemente priva di fumo visibile, perché la CO2 si produce sempre e comunque, oltre il vapor d'acqua.
Su questo fatto si basa l'ingannevole persuasione che incoraggia la realizzazione casareccia di certi tipi di stufe senza canna fumaria, solo perché, apparentemente, non producono fumo e producono un po' di calore mai quantificato seriamente dall'aspirante apprendista stregone.
Ma non finisce qui! I residui della piro-gassificazione (carbone vegetale, ancora combustibile) viene, dai più convinti della pretesa pirolisi, scartato e usato come concimante, senza rendersi conto che ciò che non viene utilizzato diminuisce la quantità totale di calorie utilizzabili e quindi utilizzate.
Se la chimica e la fisica sperimentale ci dicono che da un Kg di legna si possono ricavare un tot di calorie, sappiano codeste persone che questo tot è la somma delle calorie del residuo carbonioso da loro scartato e delle calorie del gas prodotto e utilizzato, onde il rendimento non può essersi accresciuto per magia, come essi poverini credono.
E' opportuno, infatti, osservare che non tutte le calorie date da un combustibile vengono utilizzate dal fornello; parte di esse si perdono:
1) per il tiraggio del camino che, con la sua aspirazione, porta via parte del combustibile;
2) per le polveri prodotte dal combustibile solido che si perdono attraverso la griglia;
3) per l'incompleta combustione;
4) per la troppa umidità;
5) per la scadente miscelazione con l'ossigeno (specialmente nei combustibili solidi);
6) per riscaldare il focolaio;
6) per irraggiamento;
7) per il calore asportato dai fumi;
8) per il calore latente presente nel vapor d'acqua espulso;
allora, in pratica nei bruciatori tradizionali, se il combustibile è solido, si può ritenere un buon rendimento il 40%; se il combustibile è liquido, il 75%; se il combustibile è gassoso l'80%.
Nei bruciatori più moderni si può raggiungere il 95-97 %, ma per il secondo principio della termodinamica non sarà mai raggiungibile il 100%.
Quello che si può fare è migliorare gli scarsi rendimenti delle macchine termiche: passare dal rendimento di una locomotiva a vapore (30-33%) a quello di una comune caldaia (60-75 %), a quello di una caldaia a condensazione 95-97%, ma a questo punto sorge il problema che lo scarico dei fumi e del vapor d'acqua non può più essere, in ogni circostanza, naturale e spontaneo, ma necessita di ausili elettrici come la ventilazione forzata, che consuma appunto energia elettrica aggiuntiva ai costi di esercizio ("E' la somma che fa il totale", diceva Totò).
Infine teniamo conto che di qualunque combustibile ci si serva, ciò che viene bruciato è il carbonio ed il risultato è che, per ogni atomo di carbonio bruciato, servono due atomi di ossigeno con produzione di: una molecola di CO2 e sprigionamento di energia sotto forma di calore.
Ad esempio, nel caso del metano CH4:
CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O
la produzione è: una molecola di CO2, due molecole di acqua 2H2O e sprigionamento di energia sotto forma di calore.
Pertanto a parità di carbonio nei combustibili si ottiene una identica quantità di CO2 e di energia; la pretesa e vantata emissione ridotta di CO2 (come taluno asserisce) è una pura e "spiritosa invenzione" che viene propinata come un dogma e mai giustificata tecnicamente.
E' falsa, quindi, l'asserzione che nel processo di pirolisi o meglio piro-gassificazione non si produca fumo; questo avviene perché quel fior fiore di somari prendono il termine "fumo" alla lettera (secondo l'uso comune volgare che se ne fa) ossia il fumo è quello che si vede (il nerofuno che si deposita anche) e di cui se ne sente l'odore.
Quando i fumi sono visibili, accade perché nella CO2 (incolore e inodore) sono presenti in sospensione apprezzabili quantità di particelle incombuste di combustibile .
In realtà i fumi, in una combustione completa (ossia ad alto rendimento), sono incolori e inodori perché sono composti da anidride carbonica (CO2, biossido di carbonio) e vapor d'acqua; mentre il CO (monossido di carbonio, velenosissimo e incolore e inodore, spesso confuso da questi sedicenti scienziati con la CO2) si produce solo in presenza di scarsissima ossigenazione della combustione.
Facciano attenzione quei signori che pretendono di fare esperimenti con bruciatori (i più fantasiosi e talvolta assurdi) senza una adeguata evacuazione dei fumi (che non sono visibili né percepibili dall'olfatto); essi rischiano di saturare l'ambiente, se è chiuso e senza ricambio adeguato d'aria, di anidride carbonica (CO2)!!
E' la vecchia pratica del contadino che durante la fermentazione del vino entrava in cantina con la famosa candela accesa: se la candela si spegnava significava che l'ambiente era saturo di CO2 e quindi impraticabile, se la candela rimaneva accesa la fermentazione era completata ed il locale non presentava pericoli di intossicazione.
Per fortuna la stupidità farneticante di certi fai da te, per necessità, si limita a fonti di calore paragonabili ad un fornello o a un piccolo forno a gas, cui è sufficiente un ambiente modestamente ventilato.
Gli effetti del CO o del CO2, su di un organismo umano sono assai differenti:
il CO si lega stabilmente con l'emoglobina del sangue procurando carbo-ossi-emolobina, legame chimico non più scindibile (avvelenamento irreversibile); il CO2 procura un legame labile con l'emoglobina del sangue che può essere eliminato (con una adeguata ventilazione dei polmoni) per scissione spontanea (intossicazione reversibile).
Morale: non basta produrre una combustione priva di CO ed apparentemente priva di fumo visibile, perché la CO2 si produce sempre e comunque, oltre il vapor d'acqua.
Su questo fatto si basa l'ingannevole persuasione che incoraggia la realizzazione casareccia di certi tipi di stufe senza canna fumaria, solo perché, apparentemente, non producono fumo e producono un po' di calore mai quantificato seriamente dall'aspirante apprendista stregone.
Ma non finisce qui! I residui della piro-gassificazione (carbone vegetale, ancora combustibile) viene, dai più convinti della pretesa pirolisi, scartato e usato come concimante, senza rendersi conto che ciò che non viene utilizzato diminuisce la quantità totale di calorie utilizzabili e quindi utilizzate.
Se la chimica e la fisica sperimentale ci dicono che da un Kg di legna si possono ricavare un tot di calorie, sappiano codeste persone che questo tot è la somma delle calorie del residuo carbonioso da loro scartato e delle calorie del gas prodotto e utilizzato, onde il rendimento non può essersi accresciuto per magia, come essi poverini credono.
E' opportuno, infatti, osservare che non tutte le calorie date da un combustibile vengono utilizzate dal fornello; parte di esse si perdono:
1) per il tiraggio del camino che, con la sua aspirazione, porta via parte del combustibile;
2) per le polveri prodotte dal combustibile solido che si perdono attraverso la griglia;
3) per l'incompleta combustione;
4) per la troppa umidità;
5) per la scadente miscelazione con l'ossigeno (specialmente nei combustibili solidi);
6) per riscaldare il focolaio;
6) per irraggiamento;
7) per il calore asportato dai fumi;
8) per il calore latente presente nel vapor d'acqua espulso;
allora, in pratica nei bruciatori tradizionali, se il combustibile è solido, si può ritenere un buon rendimento il 40%; se il combustibile è liquido, il 75%; se il combustibile è gassoso l'80%.
Nei bruciatori più moderni si può raggiungere il 95-97 %, ma per il secondo principio della termodinamica non sarà mai raggiungibile il 100%.
Quello che si può fare è migliorare gli scarsi rendimenti delle macchine termiche: passare dal rendimento di una locomotiva a vapore (30-33%) a quello di una comune caldaia (60-75 %), a quello di una caldaia a condensazione 95-97%, ma a questo punto sorge il problema che lo scarico dei fumi e del vapor d'acqua non può più essere, in ogni circostanza, naturale e spontaneo, ma necessita di ausili elettrici come la ventilazione forzata, che consuma appunto energia elettrica aggiuntiva ai costi di esercizio ("E' la somma che fa il totale", diceva Totò).
Infine teniamo conto che di qualunque combustibile ci si serva, ciò che viene bruciato è il carbonio ed il risultato è che, per ogni atomo di carbonio bruciato, servono due atomi di ossigeno con produzione di: una molecola di CO2 e sprigionamento di energia sotto forma di calore.
Ad esempio, nel caso del metano CH4:
CH4 + 2O2 → CO2 + 2H2O
la produzione è: una molecola di CO2, due molecole di acqua 2H2O e sprigionamento di energia sotto forma di calore.
Pertanto a parità di carbonio nei combustibili si ottiene una identica quantità di CO2 e di energia; la pretesa e vantata emissione ridotta di CO2 (come taluno asserisce) è una pura e "spiritosa invenzione" che viene propinata come un dogma e mai giustificata tecnicamente.
Combustibili e potere calorifico
Passiamo ora ai combustibili, tenuto conto che il comburente (ciò che produce la combustione dopo l'innesco) è sempre e comunque l'ossigeno presente nell'aria dell'ambiente o aspirata dall'esterno.
Le sostanze combustibili sono una miriade, ne tratteremo solo alcuni, i più correnti nell'uso.
Allo scopo di un confronto, esiste un parametro certo, misurabile e quantificabile circa le proprietà combustibili di ogni singola sostanza: il potere calorifico.
Il potere calorifico di una sostanza (misurato in Kcal/peso o volume, oppure in KJ/peso o volume o Kwh/peso o volume):
senza considerare la distinzione fra potere calorifico superiore ed inferiore, dicesi (alla Fantozzi)
potere calorifico di una sostanza la quantità di calore liberato dall'unità di peso o volume (1 Kg o 1m³), a pressione ordinaria (1 atmosfera, 1 bar, livello del mare), a temperatura costante del carburante (0°C), a combustione completa.
E' diverso far bruciare un gas alla temperatura propria di 0 °C o di 20 °C, a 20 °C avrà una resa molto maggiore.
Nella trattazione comune (nonostante non sia unità di misura internazionale), per analogia con i consumi elettrici, si usa il KWh (chilo-watt-ora) il quale circoscrive la completa combustione dell'unità di peso o volume (alle condizioni suddette) nel tempo di un'ora. Ciò significa che facendo bruciare 1Kg o 1 m³ di sostanza (alle condizioni suddette) nel tempo di un'ora, si ottiene un certo risultato (vedi tabella).
Le sostanze combustibili sono una miriade, ne tratteremo solo alcuni, i più correnti nell'uso.
Allo scopo di un confronto, esiste un parametro certo, misurabile e quantificabile circa le proprietà combustibili di ogni singola sostanza: il potere calorifico.
Il potere calorifico di una sostanza (misurato in Kcal/peso o volume, oppure in KJ/peso o volume o Kwh/peso o volume):
senza considerare la distinzione fra potere calorifico superiore ed inferiore, dicesi (alla Fantozzi)
potere calorifico di una sostanza la quantità di calore liberato dall'unità di peso o volume (1 Kg o 1m³), a pressione ordinaria (1 atmosfera, 1 bar, livello del mare), a temperatura costante del carburante (0°C), a combustione completa.
E' diverso far bruciare un gas alla temperatura propria di 0 °C o di 20 °C, a 20 °C avrà una resa molto maggiore.
Nella trattazione comune (nonostante non sia unità di misura internazionale), per analogia con i consumi elettrici, si usa il KWh (chilo-watt-ora) il quale circoscrive la completa combustione dell'unità di peso o volume (alle condizioni suddette) nel tempo di un'ora. Ciò significa che facendo bruciare 1Kg o 1 m³ di sostanza (alle condizioni suddette) nel tempo di un'ora, si ottiene un certo risultato (vedi tabella).
Per quanto riguarda indistintamente tutti: gas, liquidi e solidi, entra in gioco un altro fattore, il vapor d'acqua liberato durante la combustione, il quale ha assorbito una certa quantità di calore che viene normalmente espulso, salvo nelle macchine a condensazione in cui viene reciclato; la stessa cosa avviene per il calore assorbito dai fumi, che resi troppo freddi hanno bisogno di una ventilazione forzata (con consumo di energia elettrica).
Esistono caldaie a condensazione in cui si recupera quasi totalmente il calore del vapor d'acqua (il calore latente di vaporizzazione che condensa l'acqua) e dei fumi, con rendimenti dichiarati che vanno oltre il 95-97% , ma poi diviene necessaria una fonte di energia elettrica per la ventilazione forzata. Questo diviene per l'utente un consumo occulto di cui non gli si dice di tener conto!
L'inganno sta proprio qui: non si dice che il risparmio in combustibile (cosa vera) si paga quasi totalmente in energia elettrica (cosa altrettanto vera, ma taciuta) per espellere i fumi e la condensa.
Un punto fermo, riferendoci al metano ed ai pellets (tanto in voga) è che, nelle condizioni ottimali, circa due Kg di pellets equivalgono quasi ad 1m³ di metano, comunque si spremano: con lo spremiagrumi o con il torchio idraulico. La legna, d'altro canto, vale circa il 20% in meno dei pellets (si possono fare poi diverse distinzioni sul tipo di pellets e sul tipo di legna).
Quanto detto finora già dimostra che sul web viaggiano un sacco di scempiaggini prive di fondamento oppure mezze verità, dovute alla più crassa ignoranza, disinformata per di più!
Esistono caldaie a condensazione in cui si recupera quasi totalmente il calore del vapor d'acqua (il calore latente di vaporizzazione che condensa l'acqua) e dei fumi, con rendimenti dichiarati che vanno oltre il 95-97% , ma poi diviene necessaria una fonte di energia elettrica per la ventilazione forzata. Questo diviene per l'utente un consumo occulto di cui non gli si dice di tener conto!
L'inganno sta proprio qui: non si dice che il risparmio in combustibile (cosa vera) si paga quasi totalmente in energia elettrica (cosa altrettanto vera, ma taciuta) per espellere i fumi e la condensa.
Un punto fermo, riferendoci al metano ed ai pellets (tanto in voga) è che, nelle condizioni ottimali, circa due Kg di pellets equivalgono quasi ad 1m³ di metano, comunque si spremano: con lo spremiagrumi o con il torchio idraulico. La legna, d'altro canto, vale circa il 20% in meno dei pellets (si possono fare poi diverse distinzioni sul tipo di pellets e sul tipo di legna).
Quanto detto finora già dimostra che sul web viaggiano un sacco di scempiaggini prive di fondamento oppure mezze verità, dovute alla più crassa ignoranza, disinformata per di più!
Pellets e metano
Trattiamo ora i pellets ed il metano, nei bruciatori che produce l'industria per uso privato..
Il metano risente solo della temperatura del combustibile stesso quando vien fatto bruciare e dell'immissione (fraudolenta) di aria nelle tubature, per parte dei gestori.
I Pellets e legna risentono anche dell'umidità propria.
Il pellet non è tutto uguale, può essere ricavato da abete, acero, betulla, faggio, pioppo, pino, etc. . Tipicamente, a parità di umidità, il potere calorifico varia nelle diverse specie, tuttavia legni dolci hanno valori inferiori rispetto ai legni duri. Il valore del potere calorifico si aggira spesso in una variazione di 4600-5400 Kcal/kg. (N.D.R. 4600Kcal/Kg corrispondono a 3,965 KWh/Kg, mentre 5400 Kcal/Kg corrispondono a 4,655 KWh/Kg)
La conversione Kcal, Kw è:
cal : W = 1,163; Quindi 1000 cal (1 Kcal) = 862 W
Kcal : KW = 1163. Quindi una Kcal equivale a 0,862KW.
Il metano risente solo della temperatura del combustibile stesso quando vien fatto bruciare e dell'immissione (fraudolenta) di aria nelle tubature, per parte dei gestori.
I Pellets e legna risentono anche dell'umidità propria.
Il pellet non è tutto uguale, può essere ricavato da abete, acero, betulla, faggio, pioppo, pino, etc. . Tipicamente, a parità di umidità, il potere calorifico varia nelle diverse specie, tuttavia legni dolci hanno valori inferiori rispetto ai legni duri. Il valore del potere calorifico si aggira spesso in una variazione di 4600-5400 Kcal/kg. (N.D.R. 4600Kcal/Kg corrispondono a 3,965 KWh/Kg, mentre 5400 Kcal/Kg corrispondono a 4,655 KWh/Kg)
La conversione Kcal, Kw è:
cal : W = 1,163; Quindi 1000 cal (1 Kcal) = 862 W
Kcal : KW = 1163. Quindi una Kcal equivale a 0,862KW.
La soprastente tabella riferisce il potere calorifico dei pellets e seconda del legno usato.
Tra i tipi di legno presenti nella tabella quelli maggiormente utilizzati per la produzione sono l’Abete (bianco o rosso), il Pino, il Faggio ed il Rovere.
Su ogni sacco di pellets deve essere sempre indicato il valore del potere calorifico, così come il tasso di umidità, tutti valori utili a determinare il livello di qualità.
La presenza di acqua nel legno riduce di parecchio, rispetto al legno molto asciutto, il suo potere calorifico (in relazione al suo peso), quindi la capacità di combustione. Affinché il potere calorifico del pellet si mantenga stabile ed offra un ottima resa nelle caldaie, è necessario che il tasso di umidità del prodotto non sia superiore al 10-12% e che non si abbassi al di sotto dell'8%, per non creare lo sbriciolamento dei "cilindretti".
Un vantaggio senz'altro pratico dei pellets e quello di dare meno noie, producendo un minimo scarto in ceneri, che non è tuttavia mai nullo.
Esiste comunque uno standard che assicura il livello di qualità del pellet, che si chiama EN PLUS. Esso rappresenta una serie di controlli volti a certificare tutto il percorso del pellet, dalla produzione fino al consumatore finale, e contempla tre classi di qualità:
A1, la cui caratteristica è che non deve superare lo 0,7% di residuo di ceneri;
A2 non deve superare il 1,5% di residuo di ceneri;
B, che riguarda solo i grandi impianti o le caldaie di medie e grandi dimensioni, non deve superare il 3,5% di residuo di ceneri.
Se confrontiamo diversi combustibili, vediamo come il pellet non è quello con il valore più elevato di potere calorifico (è pari al carbone minerale coke), tuttavia il suo costo, per ogni KWh fornito, è finora senz'altro vantaggioso, anche se, a mio vedere, non può giustificare l'abbandono di un impianto a metano con un impianto a pellets, tenuto conto dei costi affrontati per il primo, sommati a quelli da affrontare per il secondo.
Tra i tipi di legno presenti nella tabella quelli maggiormente utilizzati per la produzione sono l’Abete (bianco o rosso), il Pino, il Faggio ed il Rovere.
Su ogni sacco di pellets deve essere sempre indicato il valore del potere calorifico, così come il tasso di umidità, tutti valori utili a determinare il livello di qualità.
La presenza di acqua nel legno riduce di parecchio, rispetto al legno molto asciutto, il suo potere calorifico (in relazione al suo peso), quindi la capacità di combustione. Affinché il potere calorifico del pellet si mantenga stabile ed offra un ottima resa nelle caldaie, è necessario che il tasso di umidità del prodotto non sia superiore al 10-12% e che non si abbassi al di sotto dell'8%, per non creare lo sbriciolamento dei "cilindretti".
Un vantaggio senz'altro pratico dei pellets e quello di dare meno noie, producendo un minimo scarto in ceneri, che non è tuttavia mai nullo.
Esiste comunque uno standard che assicura il livello di qualità del pellet, che si chiama EN PLUS. Esso rappresenta una serie di controlli volti a certificare tutto il percorso del pellet, dalla produzione fino al consumatore finale, e contempla tre classi di qualità:
A1, la cui caratteristica è che non deve superare lo 0,7% di residuo di ceneri;
A2 non deve superare il 1,5% di residuo di ceneri;
B, che riguarda solo i grandi impianti o le caldaie di medie e grandi dimensioni, non deve superare il 3,5% di residuo di ceneri.
Se confrontiamo diversi combustibili, vediamo come il pellet non è quello con il valore più elevato di potere calorifico (è pari al carbone minerale coke), tuttavia il suo costo, per ogni KWh fornito, è finora senz'altro vantaggioso, anche se, a mio vedere, non può giustificare l'abbandono di un impianto a metano con un impianto a pellets, tenuto conto dei costi affrontati per il primo, sommati a quelli da affrontare per il secondo.
Dalla soprastante tabella (fatta risalire al marzo 2016) del Centro Tutela Consumatori Utenti (ve la do così com'è, ma non ne conosco la validità), https://www.centroconsumatori.it/40v26395d28081.html si ricava il risparmio annuale del 35% dei pellets riferito al gasolio.
Il costo viene dichiarato attorno ai 0,30 euro al Kg, che secondo me non è reale; al seguente indirizzo:
http://www.caldaie.name/prezzo-pellet.php
Il costo viene dichiarato attorno ai 0,30 euro al Kg, che secondo me non è reale; al seguente indirizzo:
http://www.caldaie.name/prezzo-pellet.php
già qualcosa di importante è diverso: infatti, nella tabella (datata gennaio 2014), il costo dei pellets è di 0,37 Euro/Kg e quindi di 0,088 Euro per KWh; inoltre anche il potere calorifico dichiarato (4,2 KWh/Kg) mi sembra un po' troppo ottimista rispetto alla tabella dei poteri calorifici.
Altra osservazione è che tra metano e pellets ci sarebbe un 11% di risparmio (tabella 2016), mentre nella tabella del 2014 viene dichiarato il 12%.
In realtà i consumi dipendono in tutto dalle dispersioni termiche dell'abitazione, dalla sua posizione, dalla temperatura del clima e dalla durata del periodo freddo, ma supponiamo che, per un appartamento medio, siano sufficienti (sono molto ottimista) 10 KWh, per quattro mesi, per 10 ore al giorno (10 x 30 x 4 = 1200 ore all'anno).
Servono almeno 2,38 Kg all'ora di pellets, che, per 1200 ore, fanno 2856 Kg (2,9 tonnellate) di pellets, da portare in casa (ma il trasporto non è gratuito anche fatto con la propria auto), inoltre, se in un metro cubo stanno dai 560 ai 650 Kg di pellets, necessitano almeno 4 m³ di spazio di stoccaggio, cioè un volume di 1,58 m x 1,58 m x 1,58 m; se poi non c'è un sistema automatico di alimentazione, dobbiamo ogni volta caricare a mano il bruciatore, con una quantità che va dai 15 kg ai 60 Kg alla volta.
I dubbi sono:
1) Ben pochi disporranno dello spazio per stoccare in una sola volta 2,9 t di pellets, in un unico trasporto.
2) Quanto costa il trasporto fatto dalla ditta o in proprio? In proprio sarà dato dal consumo di benzina (o che so io) per trasportare dal fornitore a casa 2,9 t. Anzi crescerà con il numero di viaggi necessari e non si annullerà per il fatto che verrà trasportato assieme alla spesa grossa settimanale.
2) Quanto è il consumo d'elettricità per la ventilazione forzata? La potenza del ventilatore moltiplicato per il numero di ore di funzionamento. Ad esempio una ventola da 100 W produce in 10 ore il consumo di 1KWh, che moltiplicato per 120 giorni di esercizio darà il valore non trascurabile di 120KWh. Ma per consolazione, proprio l'industria che non trascura neanche il millesimo di Euro nella sua produzione, ci dice che il costo dell'elettrictà consumata è trascurabile; certo, grazie! l'esborso è del consumatore!!.
3) Il costo della stufa stessa. Ad esempio 1000 Euro di costo, con durata di dieci anni produce un costo aggiuntivo di 100 Euro all'anno.
4) La stufa andrà caricata da una volta al giorno ad una volta ogni due, tre giorni. Dal punto di vista dell'intervento manuale siamo tornati alla vecchia stufa a legna.
5) Nella massima parte dei casi si tratta del riscaldamento di una sola stanza (quella più abitata) e per diffusione delle altre, quindi con temperatura tutt'altro che uniforme. La stessa cosa si otterrebbe tarando su ciascun termosifone la valvola di flusso dell'acqua calda, stanza per stanza o acquistando semplicemente una stufa a metano.
6) Il continuo aumento del costo dei pellets, che fa presagire una non lontana equiparazione al costo del gas metano.
Tutto questo per un risparmio dell' 11% rispetto al metano (165 euro su una ipotetica spesa di 1500 Euro).
Allora andiamo a prendere a piedi l'acqua alla fontana (il dramma è che non ci sono più fontane), perché almeno il risparmio è sicuro!!.
Notizie e documentazioni
Secondo le notizie attingibile al seguente indirizzo:
http://www.pelletitalia.org/notizie/chi-lo-produce.html
nel 2006 in Italia si sono consumate 550.000 tonnellate di pellets, in Germani 450.00 t e in Austria 400.000 t.
Sul sito al seguente indirizzo:
http://www.alfredoneri.com/Il%20pellet.htm
si legge:
l'Italia è uno dei principali mercati (40% del consumo europeo) per le stufe a pellet: nel 2011 si calcolavano almeno 1.500.000 stufe installate, con un consumo di 1,8 milioni di tonnellate di pellet, di cui il 70% provenienti dall'importazione. (N.D.R. il consumo è stato in media di 1200 kg di pellets a stufa).
Anche il consumo europeo è in aumento e molta della richiesta è soddisfatta anche dall'importazione da Stati Uniti e Canada. La sempre nuova produzione europea sembra comunque in grado di soddisfare la domanda crescente senza pericoli nell'immediato di una "carestia" di combustibile, come quella dell'inverno 2005/2006 che portò ad un aumento del costo medio del pellet del 54% a seguito dell'esplosione della richiesta (la richiesta di stufe a pellet era aumentata del 144% ed i produttori non furono in grado di far fronte alle necessità del mercato).
Commento: mi pare strano che le quantità mondiali di pellets possano provenire dai soli scarti, dalla segatura o dalle potature delle foreste. Chissà poi perché in qualche sito (http://www.specialpower.it/#) di produzione di pellets vengono mostrate le seguenti foto a dimostrazione del prodotto proveniente da legno vergine. Quando siete sul sito, fate scorrere l'immagine di apertura (pellets che ardono in un caminetto) fino alla foto di destra.
Altra osservazione è che tra metano e pellets ci sarebbe un 11% di risparmio (tabella 2016), mentre nella tabella del 2014 viene dichiarato il 12%.
In realtà i consumi dipendono in tutto dalle dispersioni termiche dell'abitazione, dalla sua posizione, dalla temperatura del clima e dalla durata del periodo freddo, ma supponiamo che, per un appartamento medio, siano sufficienti (sono molto ottimista) 10 KWh, per quattro mesi, per 10 ore al giorno (10 x 30 x 4 = 1200 ore all'anno).
Servono almeno 2,38 Kg all'ora di pellets, che, per 1200 ore, fanno 2856 Kg (2,9 tonnellate) di pellets, da portare in casa (ma il trasporto non è gratuito anche fatto con la propria auto), inoltre, se in un metro cubo stanno dai 560 ai 650 Kg di pellets, necessitano almeno 4 m³ di spazio di stoccaggio, cioè un volume di 1,58 m x 1,58 m x 1,58 m; se poi non c'è un sistema automatico di alimentazione, dobbiamo ogni volta caricare a mano il bruciatore, con una quantità che va dai 15 kg ai 60 Kg alla volta.
I dubbi sono:
1) Ben pochi disporranno dello spazio per stoccare in una sola volta 2,9 t di pellets, in un unico trasporto.
2) Quanto costa il trasporto fatto dalla ditta o in proprio? In proprio sarà dato dal consumo di benzina (o che so io) per trasportare dal fornitore a casa 2,9 t. Anzi crescerà con il numero di viaggi necessari e non si annullerà per il fatto che verrà trasportato assieme alla spesa grossa settimanale.
2) Quanto è il consumo d'elettricità per la ventilazione forzata? La potenza del ventilatore moltiplicato per il numero di ore di funzionamento. Ad esempio una ventola da 100 W produce in 10 ore il consumo di 1KWh, che moltiplicato per 120 giorni di esercizio darà il valore non trascurabile di 120KWh. Ma per consolazione, proprio l'industria che non trascura neanche il millesimo di Euro nella sua produzione, ci dice che il costo dell'elettrictà consumata è trascurabile; certo, grazie! l'esborso è del consumatore!!.
3) Il costo della stufa stessa. Ad esempio 1000 Euro di costo, con durata di dieci anni produce un costo aggiuntivo di 100 Euro all'anno.
4) La stufa andrà caricata da una volta al giorno ad una volta ogni due, tre giorni. Dal punto di vista dell'intervento manuale siamo tornati alla vecchia stufa a legna.
5) Nella massima parte dei casi si tratta del riscaldamento di una sola stanza (quella più abitata) e per diffusione delle altre, quindi con temperatura tutt'altro che uniforme. La stessa cosa si otterrebbe tarando su ciascun termosifone la valvola di flusso dell'acqua calda, stanza per stanza o acquistando semplicemente una stufa a metano.
6) Il continuo aumento del costo dei pellets, che fa presagire una non lontana equiparazione al costo del gas metano.
Tutto questo per un risparmio dell' 11% rispetto al metano (165 euro su una ipotetica spesa di 1500 Euro).
Allora andiamo a prendere a piedi l'acqua alla fontana (il dramma è che non ci sono più fontane), perché almeno il risparmio è sicuro!!.
Notizie e documentazioni
Secondo le notizie attingibile al seguente indirizzo:
http://www.pelletitalia.org/notizie/chi-lo-produce.html
nel 2006 in Italia si sono consumate 550.000 tonnellate di pellets, in Germani 450.00 t e in Austria 400.000 t.
Sul sito al seguente indirizzo:
http://www.alfredoneri.com/Il%20pellet.htm
si legge:
l'Italia è uno dei principali mercati (40% del consumo europeo) per le stufe a pellet: nel 2011 si calcolavano almeno 1.500.000 stufe installate, con un consumo di 1,8 milioni di tonnellate di pellet, di cui il 70% provenienti dall'importazione. (N.D.R. il consumo è stato in media di 1200 kg di pellets a stufa).
Anche il consumo europeo è in aumento e molta della richiesta è soddisfatta anche dall'importazione da Stati Uniti e Canada. La sempre nuova produzione europea sembra comunque in grado di soddisfare la domanda crescente senza pericoli nell'immediato di una "carestia" di combustibile, come quella dell'inverno 2005/2006 che portò ad un aumento del costo medio del pellet del 54% a seguito dell'esplosione della richiesta (la richiesta di stufe a pellet era aumentata del 144% ed i produttori non furono in grado di far fronte alle necessità del mercato).
Commento: mi pare strano che le quantità mondiali di pellets possano provenire dai soli scarti, dalla segatura o dalle potature delle foreste. Chissà poi perché in qualche sito (http://www.specialpower.it/#) di produzione di pellets vengono mostrate le seguenti foto a dimostrazione del prodotto proveniente da legno vergine. Quando siete sul sito, fate scorrere l'immagine di apertura (pellets che ardono in un caminetto) fino alla foto di destra.
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foto che renderebbero perlomeno dubbia la fabbricazione come unico prodotto di scarto dell'industria del legno; infatti se attendete che compaia la didascalia in sovraimpressione sulla foto di destra vedrete che il prodotto è ricavato esclusivamente dalla polpa del tronco di alberi.
foto che renderebbero perlomeno dubbia la fabbricazione come unico prodotto di scarto dell'industria del legno; infatti se attendete che compaia la didascalia in sovraimpressione sulla foto di destra vedrete che il prodotto è ricavato esclusivamente dalla polpa del tronco di alberi.
Ma sappiamo bene che in ogni epoca esistono parole chiave dogmatiche, indiscusse, rituali e mistiche; la nostra contempla il termine "ecologico" un tranquillante delle coscienze in nome del quale tutto è lecito.
Se poi noi Italiani rappresentiamo il 40% dei consumatori europei (dati istat) di pellets o siamo i più intelligenti o i più ingenui o i più ingannati.
Leggiamo, con preoccupazione, inoltre al seguente indirizzo:
https://aspoitalia.wordpress.com/2015/12/30/inquinamento-il-colpevole-nascosto/
Dal 2003 l’effetto complessivo è quindi una sostituzione più rapida dei combustibili liquidi mediante legna e pellet, a scapito del metano. Il problema è che questa sostituzione non è indolore. Ogni unità di energia che viene bruciata in più sotto forma di biomassa, emette molte più polveri sottili di quelle avrebbe emesso la stessa unità di energia in forma di combustibili liquidi (e infinitamente di più rispetto al metano, che ha una combustione molto pulita). Per dare un’idea dei fattori di emissione di PM 2,5 (polveri sottili), per il 2011 l’ISPRA fornisce i seguenti dati: biomasse, 400g/GJ; carbone, 219g/GJ; gasolio e GPL tra 2 e 3,6g/GJ; metano 0,2g/GJ. In altre parole, legna e pellet emettono 100 volte di più PM2,5 rispetto a Gasolio e GPL, e 2000 volte rispetto al metano.
Se poi noi Italiani rappresentiamo il 40% dei consumatori europei (dati istat) di pellets o siamo i più intelligenti o i più ingenui o i più ingannati.
Leggiamo, con preoccupazione, inoltre al seguente indirizzo:
https://aspoitalia.wordpress.com/2015/12/30/inquinamento-il-colpevole-nascosto/
Dal 2003 l’effetto complessivo è quindi una sostituzione più rapida dei combustibili liquidi mediante legna e pellet, a scapito del metano. Il problema è che questa sostituzione non è indolore. Ogni unità di energia che viene bruciata in più sotto forma di biomassa, emette molte più polveri sottili di quelle avrebbe emesso la stessa unità di energia in forma di combustibili liquidi (e infinitamente di più rispetto al metano, che ha una combustione molto pulita). Per dare un’idea dei fattori di emissione di PM 2,5 (polveri sottili), per il 2011 l’ISPRA fornisce i seguenti dati: biomasse, 400g/GJ; carbone, 219g/GJ; gasolio e GPL tra 2 e 3,6g/GJ; metano 0,2g/GJ. In altre parole, legna e pellet emettono 100 volte di più PM2,5 rispetto a Gasolio e GPL, e 2000 volte rispetto al metano.
In figura 5 ad ogni tipologia di combustibile usata nel residenziale vengono attribuite le sue emissioni totali in PM2,5. Per l’Italia, storico delle emissioni di energia nel settore residenziale, ripartito per tipologia di combustibile. Nel 2013 c’è una discontinuità nei dati dovuta ad una nuova stima ISTAT del consumo di biomasse, come spiegato nell’articolo. Fonte: rielaborazione dell’autore su dati ISPRA.
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Ora sono chiari due fenomeni fondamentali sull’inquinamento dell’aria:
Non si capisce neanche perché questa biomassa (che è legno a tutti gli effetti) diminuirebbe le emissioni di CO2; quello che differenzia la cosiddetta biomassa dalla legna volgare è solo la minore umidità nell'unità di peso.
Con questo principio il formaggio quando è grattugiato cambia natura e non è più formaggio, se poi lo si comprime, prendendone un pizzico, diventa forse biolatticino.
Tuttavia personalmente ritengo esagerato il preteso inquinamento delle cosiddette biomasse, allo scopo di vietare il riscaldamento a legna a chi possiede boschi o possibilità di acquistare la legna non a costi di mercato e senza pagare l'IVA.
Si legge anche all'indirizzo:
http://cmsarpa.regione.fvg.it/cms/tema/aria/pressioni/Combustioni_biomasse/combustione_legna.html
Il documento è dell'ARPAFVG (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Ven. Giulia) altrettanto inquietante per le biomasse ecologiche.
E' ben documentato come i dispositivi a pellet e quelli a ciocchi di ultima generazione abbiano emissioni di materiale particolato (primario) molto inferiori a quelle delle più obsolete stufe o cucine economiche (gli sparghers o spolerts). Tuttavia queste emissioni sono più alte di quelle dei dispositivi a metano.
Inoltre tra le sostanze emesse dalla combustione della legna, in particolare quella a ciocchi, figurano anche gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA, sostanze riconosciute come cancerogene dall'Organizzazione Mondiale della Sanità) tra i quali il benzo[a] pirene e le diossine.
Tutte queste sostanze sono solitamente emesse durante ogni tipo di combustione, ma in modo particolare dalla combustione di materiali solidi, a causa del ridotto rimescolamento che si ha tra la sostanza che brucia e l'ossigeno presente nell'aria.
A titolo di esempio, la combustione di un chilogrammo di legno secco (umidità inferiore al 15%) in una stufa tradizionale rilascia in atmosfera circa 4 grammi di polveri sottili, 5 milligrammi di IPA e 6 nanogrammi di diossine. Al contrario, la combustione di un metro-cubo di metano in una caldaia domestica, rilascia circa 0.007 grammi di materiale particolato, una quantità praticamente nulla di IPA e circa 0.06 nanogrammi di diossine.
Per rispettare gli stringenti limiti sul materiale particolato, imposti dalla Commissione Europea e recepiti dai singoli Stati a tutela della salute pubblica, è necessario affrontare la problematica di un'ulteriore riduzione delle emissioni vincolata all'incremento del numero di abitazioni con impianti a legna, che è una delle fonti rinnovabili maggiormente presente sul territorio regionale.
Commento: sembrerebbe allora come asserivo in apertura che il merito non sia del carburante solido (legno o pellets), ma della macchina termica che lo brucia; sempre e comunque resta salvo il gas metano.
Il vero inquinante, tutto sommato, è il commercio che giuda e condiziona la ragion di stato??
Io non opterei mai per una stufa a pellets in sostituzione di una a metano, ma capisco che chi ne possiede una (costo: dagli 800 ai 3000 Euro) si trovi nella condizione di aver comprato la bicicletta e di dovere ora pedalare e sorridere, anche se a denti stretti.
Alla larga dalla pubblicità ingannevole che vanta qualità false a scopo di vendere ai creduloni.
- praticamente tutte le emissioni primarie di PM2,5 nel residenziale sono dovute all’uso di legna e pellet (ed è sempre stato così);
- dal 2003 la riduzione delle emissioni PM2,5 dai trasporti su strada sono state vanificate dall’aumento di uso di legna e pellet nel residenziale.
Non si capisce neanche perché questa biomassa (che è legno a tutti gli effetti) diminuirebbe le emissioni di CO2; quello che differenzia la cosiddetta biomassa dalla legna volgare è solo la minore umidità nell'unità di peso.
Con questo principio il formaggio quando è grattugiato cambia natura e non è più formaggio, se poi lo si comprime, prendendone un pizzico, diventa forse biolatticino.
Tuttavia personalmente ritengo esagerato il preteso inquinamento delle cosiddette biomasse, allo scopo di vietare il riscaldamento a legna a chi possiede boschi o possibilità di acquistare la legna non a costi di mercato e senza pagare l'IVA.
Si legge anche all'indirizzo:
http://cmsarpa.regione.fvg.it/cms/tema/aria/pressioni/Combustioni_biomasse/combustione_legna.html
Il documento è dell'ARPAFVG (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente del Friuli Ven. Giulia) altrettanto inquietante per le biomasse ecologiche.
E' ben documentato come i dispositivi a pellet e quelli a ciocchi di ultima generazione abbiano emissioni di materiale particolato (primario) molto inferiori a quelle delle più obsolete stufe o cucine economiche (gli sparghers o spolerts). Tuttavia queste emissioni sono più alte di quelle dei dispositivi a metano.
Inoltre tra le sostanze emesse dalla combustione della legna, in particolare quella a ciocchi, figurano anche gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA, sostanze riconosciute come cancerogene dall'Organizzazione Mondiale della Sanità) tra i quali il benzo[a] pirene e le diossine.
Tutte queste sostanze sono solitamente emesse durante ogni tipo di combustione, ma in modo particolare dalla combustione di materiali solidi, a causa del ridotto rimescolamento che si ha tra la sostanza che brucia e l'ossigeno presente nell'aria.
A titolo di esempio, la combustione di un chilogrammo di legno secco (umidità inferiore al 15%) in una stufa tradizionale rilascia in atmosfera circa 4 grammi di polveri sottili, 5 milligrammi di IPA e 6 nanogrammi di diossine. Al contrario, la combustione di un metro-cubo di metano in una caldaia domestica, rilascia circa 0.007 grammi di materiale particolato, una quantità praticamente nulla di IPA e circa 0.06 nanogrammi di diossine.
Per rispettare gli stringenti limiti sul materiale particolato, imposti dalla Commissione Europea e recepiti dai singoli Stati a tutela della salute pubblica, è necessario affrontare la problematica di un'ulteriore riduzione delle emissioni vincolata all'incremento del numero di abitazioni con impianti a legna, che è una delle fonti rinnovabili maggiormente presente sul territorio regionale.
Commento: sembrerebbe allora come asserivo in apertura che il merito non sia del carburante solido (legno o pellets), ma della macchina termica che lo brucia; sempre e comunque resta salvo il gas metano.
Il vero inquinante, tutto sommato, è il commercio che giuda e condiziona la ragion di stato??
Io non opterei mai per una stufa a pellets in sostituzione di una a metano, ma capisco che chi ne possiede una (costo: dagli 800 ai 3000 Euro) si trovi nella condizione di aver comprato la bicicletta e di dovere ora pedalare e sorridere, anche se a denti stretti.
Alla larga dalla pubblicità ingannevole che vanta qualità false a scopo di vendere ai creduloni.